Ieri sera è iniziata, come tutti gli anni, la 72esima edizione del Festival di Sanremo.
Dal 1951, per noi italiani è diventato quasi un rituale aspettare e seguire queste serate di musica e spettacolo. Sanremo, per antonomasia, è il classico festival di musica italiana, dove hanno partecipato come concorrenti, ospiti o compositori, molti dei nomi più noti della musica italiana.
È uno dei più importanti e longevi festival musicali al mondo ed ha come obiettivo quello di fa esibire artisti ormai affermati – i cosiddetti “big”, ed artisti agli albori, talentuosi e promettenti.
Sicuramente, anche senza aver mai seguito lo spettacolo, ognuno di noi avrà avuto occasione di ascoltare alcuni dei brani cantati dai suoi vincitori.
Alcuni nomi sono ormai diventati cantanti conosciuti in tutta Italia e nel mondo; ricordiamo ad esempio i bravissimi Eros Ramazzotti, Gianni Morandi, Umberto Tozzi, Elisa, Marco Mengoni: sono solo alcuni di una lunga lista.
Tuttavia, negli ultimi anni, molte persone hanno segnalato una certa monotonia nel format del programma.
"Sanremo è Sanremo": così recita il motto scritto tanti anni fa dalla mano di Luigi Tenco sui muri della Città dei Fiori. Per alcuni, un proverbio che non sarebbe mai cambiato; invece, le cose non sono andate esattamente così.
Anno dopo anno, infatti, con Baglioni, Fazio, e soprattutto nei Festival condotti da Morandi e Carlo Conti, Sanremo è visibilmente cambiato. Il risultato più evidente di questa trasformazione ha sicuramente preso forma con la vittoria della scorsa edizione da parte del Gruppo de i Maneskin, che con le loro note rock e I loro look non convenzionali, hanno rivoluzionato il festival, ma anche conquistato Eurovision.
Sanremo, come qualsiasi programma, ha avuto i suoi alti e bassi. Non dimentichiamo il declino degli anni Settanta, la "dimenticanza" degli Ottanta, proseguendo con la rinascita dei Novanta, per poi arrivare ai nostri giorni.
Dieci anni fa Fabio Fazio metteva infatti in moto il rinnovamento, cercando di aggiungere artisti più vicini alla realtà musicale italiana del momento.
Artisti come Almamegretta, Daniele Silvestri, Elio e Le Storie Tese: di certo non lo scenario della musica indie, ma qualcosa di ragionevolmente più vero, e vicino al pubblico.
Nel 2019 il gioco è poi cambiato, con la vittoria di Mahmood e il secondo posto di Ultimo.
Non solo gli artisti, ma anche il pubblico è diverso. I fan urlano infatti i nomi di Motta, Boomdabash, Ghemon, Negrita: la musica è in movimento e la realtà è cambiata.
Anche l’edizione di quest’anno lo dimostra, con artisti come Rkomi, Colapesce e Dimartino, Meduza, Maneskin, Achille Lauro, Irama, Fabrizio Moro…
Cosa ci insegna, dunque, la storia di Sanremo?
In primis capire che, come tutte le cose, il tempo passa, le generazioni cambiano e le persone invecchiano; come il famoso detto: “rinnovarsi o morire”.
Sanremo è riuscito, nonostante i costanti cambiamenti durante le varie decadi, e in più durante una pandemia, a rinnovarsi e riuscire a trovare una compliance fra artisti e pubblico.
Capire l’audience e rispondere alle loro necessità è sicuramente il punto pilotante che può fare la differenza fra il successo ed il fallimento. Tutto ciò ovviamente non accade dall’oggi al domani, ed è un percorso lungo senza scorciatoie.
Al giorno d’oggi i talenti più richiesti si aspettano che le case discografiche mettano a loro disposizione tecnologie all’avanguardia, processi ottimizzati, nuove modalità di lavoro.
Chiedono che venga considerata la possibilità di orari più elastici. La forza di lavoro è cambiata, le generazioni più giovani hanno stimoli e richieste diverse e le aziende devono rispondere, così come Sanremo è riuscito a rispondere al pubblico e ad apportare una tipologia musicale adatta ai tempi moderni.
Tuttavia, gestire i talenti migliori comporta sfide legate alla forza del lavoro stesso.
Data la preponderanza, in azienda, di una fascia di età superiore ai 30 anni, a volte l’inserimento di persone giovani è reso difficile, poiché possono sentirsi fuori luogo o non condividere la vision aziendale.
Inoltre, rimane importante motivare le persone che lavorano da anni e valorizzarle, perché sono loro a portare avanti l’identità ed il know-how aziendale.
Nel caso di Sanremo, artisti classici come Bertè, Morandi e Ranieri, senza dimenticare la guida di Amadeus, aiutano non solo agli artisti, ma anche il pubblico ad avere un’àncora sulla quale tutto lo spettacolo giri.
Facciamo chiarezza, chi sono le nuove generazioni?
Possiamo dividerle in due categorie principali. Da un lato i Millennials (o Generazione Y): nati tra gli anni ‘80 e i primi anni ’90; dall’altro la Generazione Z: nati tra la seconda metà degli anni ‘90 e gli inizi del 2000, in piena era digitale.
Anche se entrambe le categorie riguardano un target giovanile, le differenze di età e atteggiamenti sono differenti.
Con persone così, la cultura aziendale cambierà con il passo degli anni, così come è successo a Sanremo; tuttavia, è importante rimanere aggiornati, senza però perdere la vision aziendale.
Al giorno d’oggi, il modo migliore per attirare nuovi clienti è avere una presenza online.
È sempre più utile, infatti, costruire una solida presenza sui social media. La pagina Linkedin aziendale è il primo luogo in cui i candidati vanno a farsi un’idea sull’azienda; quindi, occorre assicurarsi che sia coinvolgente ed aggiornata.
Inoltre, nell’attuale era digitale, non c’è possibilità per le aziende di nascondersi ed è di vitale importanza prestare attenzione alla propria reputazione: essere coinvolti in iniziative sul territorio in cui si opera, in gruppi e network di beneficienza.
Oltre a questo, è necessario mantenere il bilancio generazionale in azienda. Ogni azienda deve buona parte del suo successo alle persone che la costituiscono: l’attuazione di strategie efficaci e la costruzione di una squadra competente e affiatata determinano il raggiungimento degli obiettivi.
Ogni persona ha le sue motivazioni, e ogni generazione ha attitudini diverse per quanto riguarda il lavoro.
Ad esempio, i giovani cercano innanzitutto un equilibrio tra vita privata e vita lavorativa. Mettono in campo la propria flessibilità, ma vorrebbero riceverne altrettanta in cambio. Ecco perché la possibilità di avere orari di lavoro flessibili e di accedere allo smart working è una delle scelte vincenti in alcune realtà.
Un altro aspetto importante è la formazione e l’aggiornamento continuo: i nuovi lavoratori ritengono importante lavorare in un’azienda che dimostri di valorizzare le competenze e i percorsi formativi dei propri talenti attraverso la promozione di corsi dedicati. Una mancanza di formazione, potrebbe portare le persone a “scappare”, per trovare nuove sfide e stimoli altrove.
Ci sono altri aspetti fondamentali che possono aiutare a trattenere i talenti in azienda e attirare quelli nuovi, come: inclusione, coinvolgimento, buona capacità di leadership e, ovviamente, una buona retribuzione. Tuttavia, rimane sempre importante guardarsi intorno per capire come il pubblico è cambiato e stare al passo con i tempi, così come Sanremo è riuscito a fare: coinvolgendo nuovi giovani talenti e trattenendo i talenti ormai affermati, al fine di ottimizzare il progetto per gli anni a venire.
Referenze:
https://www.4stars.it/blog/come-attrarre-i-giovani-in-azienda/