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12/07/2021

NEET: Una generazione precaria

In questi ultimi tempi la pandemia ha colpito duramente il mercato del lavoro, in particolare tra le categorie più svantaggiate


ci sono i giovani che si trovano in quel momento di passaggio tra fine degli studi e mondo del lavoro. Essendo soggetti a contratti a tempo determinato o stage si trovano ad essere sacrificati per primi a causa della crisi economica e sanitaria. Un altro elemento che non aiuta particolarmente è la sfiducia nel mercato occupazionale, da cui consegue la rinuncia alla ricerca del lavoro o a investire nella propria formazione. Sicuramente anche prima della pandemia un alone di incertezza, soprattutto in termini professionali, avvolgeva il futuro delle nuove generazioni, tanto che si è sentita l’esigenza di creare l’acronimo NEET.

NEET è un acronimo inglese che sta per Not in Education, Employment or Training. Serve per descrivere la categoria di persone under 29 che non stanno cercando un’occupazione, ne sono in un percorso di formazione. Secondo un rapporto Istat del 2017 in Italia i neet sono due milioni, pari al 24% dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni. La quota di neet nel nostro paese è superiore rispetto alla media europea (13,4%) e anche in rapporto ai paesi più grandi dell’UE. I giovani disoccupati costituiscono un onere di risorse che costa allo stato 36 miliardi di euro. Come possiamo vedere dati alla mano, questo fenomeno ha un grande impatto economico, sociale e psicologico sulle nuove generazioni. Delle variabili importanti che incidono su questo fenomeno riguardano la formazione scolastica e il mercato del lavoro.

La scuola rappresenta un momento di formazione importante per l’individuo e meriterebbe di essere un settore su cui lo stato deve puntare, purtroppo gli investimenti dell’Italia nell’ istruzione sono molto inferiori rispetto alla media europea. La riforma della scuola del 2015 ha attuato alcune misure migliorative, ma restano di fatto importanti le disparità regionali in termini di livello d’istruzione. Nel 2017 la quota di 18-24-enni che hanno abbandonato gli studi sono del 14% e la percentuale dei laureati è del 18,7%, inferiore rispetto alla media europea che si aggira intorno al 31,4%.

Da una parte il basso livello scolastico rende difficoltoso trovarsi un’occupazione, ma è vero anche il contrario, ovvero anche per persone con alti gradi di qualificazione è difficile entrare nel mondo del lavoro, specialmente nei settori dell’innovazione e della ricerca, il cosiddetto fenomeno dei cervelli in fuga in cerca di lavoro all’estero. Lo sviluppo di politiche per creare nuovi posti di lavoro potrebbe essere un modo efficacie per aumentare il tasso di occupazione. Infatti negli ultimi anni sono stati introdotti alcuni provvedimenti come garanzia giovani, il cui focus è fornire un apprendistato professionalizzante, e l’alternanza scuola lavoro che avvicina i giovani delle superiori all’applicazione della teoria imparata a scuola. Queste soluzioni, anche se sono lontane dall’ essere perfette, costituiscono comunque un passo avanti.

Spesso si sente dire che questo non è un paese per giovani. Seguendo i luoghi comuni si potrebbe dire che i neet sono “choosy”, pigri o che fanno troppo affidamento sulla famiglia per essere mantenuti. Ma le caratteristiche personali non possono spiegare un fenomeno di portata così importante, è necessario guardare ai fenomeni di sistema che stanno dietro a questo disagio dei giovani verso il mondo del lavoro: Il momento di crisi e la riduzione delle opportunità lavorative, difficoltà a trovare un match tra le capacità apprese negli studi universitari e il mondo del lavoro, l’abbandono scolastico. Il tutto è ulteriormente complicato da disparità regionali tra nord e sud, oltre che dinamiche sociali ed economiche di sistema. Molte variabili sono sottostanti a questo fenomeno, che sicuramente costituisce una problematica molto complessa. La mancanza di indipendenza e la sensazione di precarietà possono causare un aumento dei livelli di stress, ansia, apatia e depressione. Il rischio di marginalizzazione dalla società è alto, per cui è necessario investire sul sistema scolastico, politiche del lavoro e formazione e sviluppo di competenze che permettano ai giovani neet di inserirsi in una carriera lavorativa e di essere cittadini attivi.

 

Bibliografia;

Neet, l'Italia maglia nera in Europa: due milioni i ragazzi che non studiano e non lavorano - la Repubblica

NEET e lavoro: come rilanciare una generazione in difficoltà? - ilSole24ORE

et-monitor-report-2018-italy_it.pdf (europa.eu)

Inoccupazione e disoccupazione giovanile: quali misure? | La Nuvola del Lavoro (corriere.it)

Carenza educativa, quella gabbia che passa dai genitori ai figli - Il Sole 24 ORE

Lavoro: le cinque ragioni della disoccupazione giovanile - Panorama

https://www.rapportogiovani.it/il-pianeta-neet-in-italia/

http://dati-giovani.istat.it/Index.aspx?QueryId=21779

 

 



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