di Facebook e Instagram in Europa, qualora Meta non sia in grado di elaborare i dati degli Stati europei sui server statunitensi.
Per tanti di voi potrà sembrare una bufala, specialmente al giorno d’oggi, quando la grande quantità di fake news di cui siamo sommersi -sia riguardanti la tecnologia, ma ancor di più relativi a tutto ciò che circonda il covid (si veda tutto il filone sull’efficacia dei vaccini o le teorie del complotto) - sono ormai all’ordine del giorno.
Tuttavia in questo caso sembrerebbe realtà: Meta avrebbe seriamente l’intenzione di chiudere i battenti. Proviamo insieme a fare chiarezza, analizzando i motivi dietro questa scelta.
Google, Twitter, Facebook e tutte quelle realtà che vendono prodotti/servizi, possiedono una lunga serie di informazioni su di te: possono capire chi sei, cosa ti piace e dove preferisci spendere i tuoi soldi. Come spesso (quasi sempre) capita, l’origine di questa disputa è legata ai soldi, e come dice il detto “sapere è potere”. Ma cosa sanno effettivamente di noi?
Come detto sopra, Facebook & co raccolgono molti dati, dove per “dati” non intendiamo informazioni complesse come cosa fai alla sera dopo lavoro o cosa tu abbia mangiato a cena, ma intendiamo i tuoi gusti, interessi, la tua fascia di età eccetera. Questi dati vengono poi utilizzati per creare adv e pubblicità mirate, proposte ad hoc, generate dagli inserzionisti che pagano per ottenere le tue informazioni.
Facciamo un esempio: poniamo che su Facebook vi sia un annuncio riguardante prodotti destinati a donne in dolce attesa; l'inserzionista potrà dedurre che coloro che provengono da quello specifico collegamento siano con tutta probabilità donne incinta (o qualcuno di personalmente correlato a questo target). Una volta che questa persona clicca su quel collegamento, il sito Web catturerà un numero chiamato “ID dispositivo” e un indirizzo IP, utilizzati poi per identificare questa persona. Informazioni di target come "donna incinta" potrebbero quindi essere associate a quello specifico indirizzo IP.
Come ben sappiamo però, Google ed altri siti hanno inserito un’opzione che permette all’utente di non autorizzare questo tracking. NB: gli annunci saranno sempre attivi, tuttavia non saranno personalizzati.
Qui subentra il fulcro della questione.
Il social network di Mark Zuckerberg è stato accusato (con prove a carico) di rivendere agli inserzionisti i dati ottenuti dai propri utenti. Risulta quindi evidente la massiva perdita di fiducia degli utenti nei confronti del suddetto social.
Ma cosa ha che fare tutto ciò con la possibile chiusura di Facebook? Beh… TUTTO!
Facciamo un altro esempio: come accennato prima, Google, Facebook ed altre piattaforme possiedono e trattano i tuoi dati. Questi vengono utilizzati dai famosi inserzionisti per proporre pubblicità mirate e di conseguenza guadagnare soldi.
Questa raccolta è costante e continua, avviene quando utilizzi qualsiasi dispositivo, che sia computer, tablet o cellulare, ed in tutto il mondo. I server centralizzati di Facebook si trovano negli Stati Uniti; pertanto, tutte le informazioni raccolte vengono inviate proprio negli USA per l’elaborazione.
È così che, qualche tempo fa, entra in scena Max Schrems, uno studente austriaco di giurisprudenza: il giovane stava svolgendo una ricerca per l’università, per la quale chiese a Facebook le sue informazioni private. Max presentò in seguito ben 22 denunce, sostenendo che il social stava violando la legge europea sulla protezione dei dati, minando il diritto fondamentale alla privacy. Ma già nel 2011 Schrems aveva dichiarato che Facebook fosse un "monopolio che necessitava di un'attenzione speciale da parte delle autorità di regolamentazione”.
Ebbe così inizio la crisi che vide tremare Facebook, attraversando due casi legali conosciuti come Schrems I e Schrems II. Questi episodi ebbero delle forti ripercussioni, portando gli Stati Uniti a modificare gli accordi del trattamento dati tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti. L’originale “International Safe Harbor Privacy Principles” è stato invalidato della Corte di giustizia dell’EU a ottobre 2015 e sostituito dall’ “EU-US Privacy Shield” (anch’esso successivamente dichiarato invalido a giugno del 2020 sempre grazie Max Scherms).
Questa situazione, già precaria, venne ulteriormente aggravata dall’inserimento di Apple dell’aggiornamento a IOS 14 nel 2020, che prevedeva la richiesta di autorizzazione dell’app all’utente per poter utilizzare il loro “IDFA”, sigla che indica ID for Advertisers.
L’IDFA è un codice univoco che Apple associa ad ogni dispositivo in commercio: serve a tracciare gli interessi dei suoi possessori, per poi personalizzare i banner che verranno visualizzati in base all'attività online dell’utente. Dopo questa mossa di Apple, Facebook ha pubblicato un post rivolto proprio agli sviluppatori di app, precisando che la nuova soluzione di Apple avrebbe reso sostanzialmente inutile l’utilizzo dell’IDFA, e che pertanto Meta aveva intenzione di abbandonare l’IDFA per le sue applicazioni. In quel post si leggeva anche un’accusa nei confronti della Apple: il suo agire in modo unilaterale non avrebbe permesso un coinvolgimento dei responsabili della pubblicità online, provocando un possibile calo dei profitti economici.
E proprio come ci si sarebbe aspettati, così è successo: dopo l’arrivo di IOS 14, soltanto un 25% di possessori di IPhone hanno dato il consenso al tracciamento pubblicitario. Un rapporto del Financial Times dello scorso autunno ha rivelato che Snapchat, Facebook, Twitter e YouTube hanno perso circa 9,85 miliardi di dollari di entrate dopo che Apple ha implementato Apple’s App Tracking Transparency (ATT).
I problemi per Meta non sono finiti qui: per la prima volta Facebook ha perso utenti. Per la prima volta dal 2004, infatti, il più grande social network del mondo ha subito un leggero calo negli utenti giornalieri attivi a livello globale. Nel report pubblicato il 2 febbraio da Meta sugli utili per il quarto trimestre del 2021 la società ha registrato una diminuzione da 1,93 miliardi a 1,929 miliardi.
Dopo queste notizie, le azioni di Facebook sono crollate di oltre il 20%, bruciando circa 200 miliardi di dollari di valore di mercato.
In linea generale l'azienda sta rallentando drasticamente la crescita dei suoi ricavi di fronte alla concorrenza di rivali come TikTok e YouTube. L’amministratore delegato di Meta, Mark Zuckerberg, ha ammesso che la crescita delle vendite dell'azienda è stata danneggiata perché in particolare i più giovani si sono spostati verso altre piattaforme.
Per concludere, Facebook ha dovuto fare fronte a tre principali problematiche. La prima, fare fronte ad un calo di fatturato legato agli annunci a causa della ATT di Apple. In secondo luogo, la permanenza di invalidità di un accordo che permetta lo scambio di dati fra Europa e Stati Uniti; infine, il calo drastico di utenti che utilizzano Facebook/ Instagram in favore di altri canali.
Questa incertezza ha portato ad un pericoloso calo in borsa ed ora Meta deve decidere se localizzare in Europa le sue operazioni di codifica per non incorrere in problematiche di Privacy, oppure se aspettare un nuovo accordo internazionale.
https://en.wikipedia.org/wiki/Max_Schrems#Schrems_I
https://investor.fb.com/investor-events/event-details/2022/Meta-Q4-2021-Earnings/default.aspx